Il rapporto tra padri
e figlie femmine non è sempre semplice, ma sicuramente è determinante per la vita
di entrambi. Il libro che presentiamo ha
il merito di affrontare il tema dal punto di vista delle nostre piccole donne e propone numerosi spunti interessanti.
Quali le nostre esperienze?
Comprendere l’universo femminile
e i suoi codici, per quanto affascinante, non è mai, per un uomo, impresa
facilissima. Farlo quando il rapporto è quello tra un padre e la propria figlia
alle porte dell’adolescenza potrebbe rivelarsi una strada impervia. Per questo,
l’ambizioso tentativo che si propone Meg Meeker nel suo “Papà, sei tu il mio
eroe”, Edizioni Ares, 2012 è particolarmente apprezzabile e tutto sommato ben riuscito.
Il libro si rivolge non soltanto a
padri smarriti, ma è in grado di sollecitare buone intuizioni e considerazioni,
non senza dispensare consigli, anche a tutti quei padri coraggiosi che hanno
deciso di raccogliere la sfida di diventare una figura presente nella vita
delle proprie figlie. L’autrice fornisce notevoli spunti su cui misurarsi,
argomenti per capire e occasioni per mettersi in gioco. Lungo tutto il corso
del testo, è particolarmente ben riuscita l’idea di proporre ai padri il punto
di vista dal quale la loro figlia li osserva e si relaziona con loro: “Vorrei che ti guardassi con gli occhi di tua
figlia. E non solo per il suo bene, ma per il tuo, perché se riuscissi a
vederti come ti vede lei, anche solo per dieci minuti, la tua vita non sarà più
la stessa”.
In questa prospettiva, emerge non
soltanto l’importanza del padre, come riferimento dal quale attingere le regole
e coltivare il rapporto con la realtà della vita e delle cose, rappresentazione
centrale per la crescita di ogni figlio, maschio o femmina che sia, e fondamentale per la
buona riuscita di una famiglia; ma soprattutto, che il padre è la porta
attraverso la quale la giovane donna si apre per la prima volta all’universo maschile.
In questa analisi, l’autrice non concede spazi all’implicito, affrontando con
decisione anche le tematiche più difficili dall’approccio con il sesso, a quello
con il corpo, con il cibo, con la madre e con il lutto. Forse qualcuno può non apprezzare lo stile
casistico e non comprendere il carattere liberal della società
americana, che sembra lontana
alla nostra, ma l’autrice riesce bene a rappresentare molto bene ai padri la centralità del
loro ruolo in questo processo.
Si potrebbe
obiettare che il libro pare, a volte, anche un po’ ingenuamente deterministico
nelle conclusioni, al limite con un ipotetico manuale del padre perfetto (che
non esiste). Tuttavia, non si può scordare che il tema è particolarmente
trascurato dalla letteratura: proprio per questo sembra
particolarmente indicato alle esigenze dei padri di oggi, alla indispensabile
ricerca della propria identità educativa. L’autrice è
particolarmente efficace nel rivolgersi in un appassionato colloquio a tu per
tu con il lettore, invitandolo a più riprese a non scoraggiarsi nella ricerca
del proprio ruolo, a insistere nella convinzione che questo sia determinante, a
credere nella riuscita della relazione, a considerare il presente come momento
utile per prendere in mano ogni situazione, anche la più complessa.
In sintesi: il libro ha il pregio di ricordarci che - nella relazione educativa - il rapporto con la figlia femmina è parte dell'incontro tra l'universo maschile e l'universo femminile. La presenza della figura paterna è dunque forse un po' più complessa, ma doppiamente importante. Voi che esperienza avete?