Mio figlio Pietro (9 anni da compiere a gennaio) non è il poeta di casa, specialità della sorellina più piccola, né si è mai sperticato tanto a gesti e a parole sul tema dello "stare insieme" e "essere famiglia", come invece fa spesso l'altra sorella.
Ieri mi ha sorpreso.
A tavola, a cena, si parlava di matrimoni, recenti e passati, vicini e lontani, e invariabilmente sono arrivate le domande sul nostro. Tra le altre risposte, quella che hanno sentito tante volte rinnovata negli anni e che gli piace sentirsi ripetere: "A ottobre facciamo 11 anni che siamo sposati".
E Pietro: "Allora sono 11 anni che siamo una famiglia!".
Lui non c'era ancora, ma oggi si sente "della partita" e usa il plurale.
In quel primo "sì" di ieri, 11 anni fa, eravamo un po' già la famiglia di oggi.
L'ho guardato per qualche secondo, a bocca aperta.
Poi, come si conviene, siamo finiti a parlare di puzzette.
Ieri mi ha sorpreso.
A tavola, a cena, si parlava di matrimoni, recenti e passati, vicini e lontani, e invariabilmente sono arrivate le domande sul nostro. Tra le altre risposte, quella che hanno sentito tante volte rinnovata negli anni e che gli piace sentirsi ripetere: "A ottobre facciamo 11 anni che siamo sposati".
E Pietro: "Allora sono 11 anni che siamo una famiglia!".
Lui non c'era ancora, ma oggi si sente "della partita" e usa il plurale.
In quel primo "sì" di ieri, 11 anni fa, eravamo un po' già la famiglia di oggi.
L'ho guardato per qualche secondo, a bocca aperta.
Poi, come si conviene, siamo finiti a parlare di puzzette.